L’arcipelago delle Cheradi è composto da sole cinque isole ed è rinomato per la sua storia e biodiversità. L’isola di San Pietro veniva usata per difendere la città in tempo di guerra. È un luogo impressionante sia sopra che sotto l’acqua. Un tempo dagli alberi che vivevano qui si ricavava ambra di altissima qualità. Per l’abbondanza di corallo, la gente chiamava queste isole “Auree”. Coradi e Chèradi potrebbero derivare da questo nome. Ventimila anni fa, un periodo glaciale fece sì che l’isola diventasse una cima alta circa 130 metri.
L’isola vulcanica è di origine geologica antica. Ci sono segni di una vecchia attività vulcanica (colate laviche, crateri) che risalgono principalmente al Miocene inferiore (circa 17 milioni di anni fa). Questo magmatismo acido era associato alla rotazione del blocco Corso-Sardegna. I 33 km di coste rocciose dell’isola comprendono grotte, insenature, scogliere e piscine naturali. Il faro e il faro di Capo Sandalo (numero 1384) dominano la costa occidentale. La costa orientale, su cui si trova anche il porto, è piatta, bassa e sabbiosa. La costa opposta è dominata da un faro e da un faro (numero 1384).
I fondali dei mari circostanti sono ricchi di praterie di Posidonia, vongole, noci, tartufi di mare, cozze pelose e Pinna Nobilis. La zona è popolata anche da un gran numero di alghe, molluschi, spugne, celenterati, vermi, tunicati, ricci e stelle marine. La Jonian Dolphin Conservation, una società di ricerca scientifica, preserva l’area allontanando i delfini per mantenere la zona libera dai turisti.
Non basta nuotare nell’acqua, bisogna sperimentare il duro ambiente naturale e l’ambiente turistico a partire da oggi. Lo stabilimento elioterapico della Marina Militare sull’isola di San Pietro potrà essere raggiunto attraverso i collegamenti via acqua. Due motonavi, Clodia e Adria, traghetteranno cittadini e turisti da Taranto all’isola maggiore delle Cheradi attraverso il servizio Kyma Mobility Amat.
Flora e fauna dell’Isola di San Pietro
Il cisto, il lentisco (Pistacia lentiscus), il ginepro (Juniperus), il mirto (Myrtus communis) e il corbezzolo (Arbutus unedo) sono alcune delle piante più tipiche della macchia (Mediterraneo, n.d.). Oltre alla piccola palma (Chamaerops humilis) o palma di San Pietro (l’unica palma selvatica d’Europa, n.d.), la palma da dattero di Creta (Phoenix theophrasti) è presente anche sui terreni più aridi, inaccessibili e rocciosi (Mediterraneo, n.d.). Oltre al rosmarino (Rosmarinus officinalis) e all’elicriso (Helichrysum), la gariga domina i terreni più aridi, inaccessibili e scoscesi (Mediterranean, n.d.). Il pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e il leccio (Quercus ilex) crescono in luoghi meno esposti al maestrale. Sono presenti anche alcuni rari endemismi botanici come l’astragalo marittimo (Astragalus maritimus) (Mediterraneo, n.d.). Gli agrumi, il limone (Citrus limon) e l’arancio (Citrus sinensis) sono tra gli alberi da frutto che possono essere coltivati sull’isola (Mediterraneo, n.d.).
Un gran numero di nidi di falco della regina (Falco eleonorae) abita le scogliere affacciate sul mare, migrando in inverno verso il Madagascar dove vanno in letargo. Numerose colonie di uccelli acquatici popolano stagni e paludi, tra cui un gran numero di fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus). L’isola ospita una singolare specie di coleottero, la Cicindela campestris saphyrina. La Cicindela campestris saphyrina è una specie singolare di coleottero.
Storia dell’Isola di San Pietro
All’inizio del XVIII secolo vi fu costruita la masseria del Capitolo, affittata a un contadino che vi piantò grano, ulivi e fichi. A causa della Grande Guerra e dell’occupazione navale, l’attività agricola cessò all’inizio del XX secolo. Per questo motivo fu piantata una grande pineta, la cui vegetazione esiste ancora oggi. Ancora oggi, l’isola conserva testimonianze dell’epoca napoleonica, in particolare le postazioni per i cannoni, i plinti e una grande torre di ferro. Lastre di pietra calcarea rivestono le mura del forte, così come gli antichi infissi in ferro, grondaie e inferriate in bronzo splendidamente decorate.
Il santuario dei delfini
Alla foce della rada di Mar Grande, sulle Piccole Cheradi, sorgerà un santuario dei delfini, dove saranno ospitati e curati delfini e altri cetacei provenienti dall’area europea. In collaborazione con il Dolphin Project di Richard O’Barry, un’associazione guidata da Carmelo Fanizza ha creato il “Santuario dei delfini di Taranto”, in cui saranno ospitati e curati i delfini. Scienziati e artisti di tutto il mondo stanno dando il loro sostegno all’iniziativa. Il progetto è stato ispirato dal documentario premio Oscar The Cove.
Come raggiungere l’isola di San Pietro a Taranto?
Torna la magia delle vie d’acqua di Kyma Mobility, che permette a tarantini e vacanzieri di raggiungere l’Isola di San Pietro via mare attraverso il Canale Navigabile, che la collega alla Città Vecchia. Tutti potranno godere di un’emozionante traversata in motoscafo per raggiungere l’isola e ammirare la Città Vecchia dal mare. Dopo una giornata in mare, si può trascorrere una giornata al mare nello stabilimento della Marina Militare, dove si trova una spiaggia attrezzata e acque cristalline. Il servizio di navigazione sarà riproposto anche quest’estate, a partire dal 20 giugno. Oltre alle consuete motonavi “Clodia” e “Adria”, collaborerà con la Marina Militare la Kyma Mobility Amat, società partecipata dal Comune di Taranto.
Quanto si paga per andare all’isola di San Pietro?
Il viaggio di andata e ritorno in motoscafo e l’ingresso all’Isola di San Pietro costano 12,80 euro a persona, mentre i bambini fino a sei anni viaggiano gratis. Le escursioni turistiche costano 10,00 euro. I biglietti possono essere acquistati online o tramite le app Mycicero e Kyma AMAT (valido sia per l’acquisto via WEB che tramite le app Mycicero e Kyma AMAT). È necessario scegliere con cura la stazione di partenza e di arrivo per non acquistare biglietti parziali che potrebbero impedire l’utilizzo completo del servizio richiesto.